Crociere , se con la Concordia naufraga anche il business

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Costa Concordia business crociere

 

Non sarà la tragedia del Giglio ad affondare l’industria crocieristica italiana ed europea. L’incidente dello scorso 13 gennaio potrebbe essere solo il colpo di grazia per una crisi già esistente.
Dopo due settimane, quando il bilancio provvisorio è di 32 tra morti e dispersi, si valuta l’impatto economicoche il naufragio della Costa Concordia avrà su tutto il settore. Per ora non ci sono disdette in massa dei viaggi. E il gruppo Carnival, proprietario di Costa Crociere, tenta il rimbalzo in Borsa dopo le pesanti perdite registrate nei giorni successivi al disastro anche se le polemiche sui risarcimenti, soprattutto negli Stati Uniti, fanno preoccupare anche la casa madre.

La reazione dei mercati. La prima a risentire degli effetti economici del naufragio è stata proprio la società statunitense che possiede Costa Crociere. La Carnival è il primo operatore mondiale nel settore crocieristico e copre quasi la metà del mercato. È quotata sia alla borsa di Londra sia a New York. Il lunedì dopo il naufragio della Concordia, con Wall Street chiusa per il Martin Luther King day, il titolo è arrivato a perdere fino al 23 per cento sulla piazza inglese. Il valore della società ha toccato un minimo di 1.730 pence ad azione. Nei giorni successivi il gruppo, che non è stato l’unico del settore crocieristico a perdere terreno in Borsa, è riuscito a tornare in territorio positivo (pur rimanendo lontano dai numeri pre-naufragio). Ma già lo scorso anno, fa sapere l’agenzia Bloomberg, le azioni di Carnival avevano già subito una flessione del 29 per cento.

Le perdite di Carnival. Secondo la società il naufragio costerà da 85 a 95 milioni di dollari di perdite sull’utile previsto per l’anno fiscale 2012. In molti, però, pensano che il danno possa essere più alto. Alcune stime parlano di una cifra compresa tra 500 milioni e un miliardo di dollari. Altre, invece, arrivano a 5 miliardi, quasi il doppio del fatturato annuo della Costa. Molto dipende dall’eventuale contraccolpo ambientale e dai reclami dei naufraghi. Per gli indennizzi dei passeggeri la Carnival ha trovato un accordo con alcune associazioni dei consumatori: 11mila euro a testa, più il rimborso del valore della crociera e delle spese per alberghi, spostamenti ed eventuali cure mediche. Ma sono già partite le class action di chi non accetta l’accordo. Per i risarcimenti penali e civili il gruppo sarebbe coperto con più compagnie assicurative per 2,5 miliardi di euro. Scafo e motore, invece, sarebbero assicurati per una cifra compresa tra i 395 e i 405 milioni di euro (a carico di un pool di 12 operatori tra cui l’italiana Generali).

Allarme prenotazioni. Il rischio per tutto il settore è che ci sia una reazione emotiva al naufragio che porti le persone a non scegliere le crociere e a disdire quelle già prenotate. Il periodo gennaio-marzo, spiegano gli esperti, è quello in cui si comprano circa un terzo di tutti i viaggi di lusso in mare, soprattutto quelli estivi. “Questo non sarà l’11 settembre delle crociere”, ha assicurato Pier Luigi Foschi, ad di Costa Crociere che, come tutti gli operatori del settore, ne fa anche un auspicio.
I numeri per ora non mostrano una drastica diminuzione delle prenotazioni. Il merito, forse, è anche degli sconti che tutte le compagnie si sono affrettate a fare. “Confrontando i dati giornalieri con quelli dell’anno scorso non abbiamo rilevato né particolari flessioni né un aumento delle cancellazioni”, dice Roberto Martinoli, delegato per l’Italia dell’European Cruise Council(associazione che riunisce le più importanti compagnie del vecchio continente). Tour operator e agenzie di viaggi confermano. “Non c’è un crollo delle prenotazioni, ma c’è già da qualche tempo una contrazione”, racconta Luca Patanè, vicepresidente di Federviaggio.
Le associazioni dei consumatori, invece, parlano di caselle e-mail piene di messaggi di persone decise a disdire viaggi già comprati. “Esiste un diritto di disdetta per paura, in questo momento si possono cancellare le crociere e riavere per intero i soldi già versati”, dice Carlo Rienzi, presidente del Codacons. Magda Antonioli, direttore del Master in Economia del turismo della Bocconi, spiega: “C’è stato un errore umano, ma stiamo parlando di un campo in cui la sicurezza è molto ampia. Dopo un prevedibile calo nel breve periodo, le possibilità di ripresa sono alte”.

Quarant’anni di crociere. Quello dei viaggi di lusso in mare è un mercato che, nato alla fine degli anni Sessanta, fino a poco tempo fa non aveva mai smesso di crescere. Secondo l’Enit,Agenzia nazionale del turismo, nel mondo si è passati dai circa 700 mila crocieristi del 1970 ai 4,5 milioni degli anni Novanta, fino ai 19 milioni nel 2010. Nello stesso anno in Europa i passeggeri imbarcati sono stati 5,5 milioni, il giro d’affari di 35 miliardi di euro (e oltre 2 di indotto in Italia) e i posti di lavoro garantiti 300mila. L’European Cruise Council stima che, grazie al coinvolgimento di un ampio ventaglio di settori (dal turismo all’armatoriale, dalla cantieristica ai servizi a terra, dal marittimo al finanziario-assicurativo), ogni milione di euro speso dall’industria crocieristica generi un giro d’affari di 2,2 milioni.

Il ruolo dell’Italia. Il nostro Paese, proprio perché partecipa a tutte le fasi, è il principale beneficiario europeo dell’industria crocieristica. L’Italia, all’interno del Mediterraneo, è il primo destinatario di crociere, ha il maggior numero di passeggeri e, nella somma dei suoi porti, è il Paese più importante d’Europa. Nel 2011 i turisti che si sono imbarcati dagli scali marittimi dello Stivale sono stati più di due milioni (molti di più quelli di passaggio). I due grandi brand italiani, Costa Crociere e Msc, nel 2010 hanno fatto registrare rispettivamente un fatturato di 2,85 miliardi di euro (e 2,15 milioni di passeggeri) e di 1,3 miliardi di euro (e 1,22 milioni di viaggiatori). “Il fatturato complessivo delle crociere nel nostro Paese – dice Stefano Landi, esperto di turismo e presidente della società di ricerca SL&A – è di 4.538 milioni di euro. Al turismo va circa il 3 per cento di questa cifra, 136 milioni di euro. Più o meno il 37 per cento, invece, va al settore manifatturiero, con la cantieristica in prima fila”. La crocieristica italiana genera 99mila posti di lavoro, “di cui solo 5.800 nel turismo (lo 0,3 per cento del totale dell’occupazione turistica)”. Il primo settore a risentire del calo della redditività dei viaggi di lusso in mare, quindi, è la cantieristica. “Le crociere non possono crescere indefinitamente – spiega Landi, che ha curato due studi (nel 2010 e nel 2011) sul traffico delle crociere nel Mediterraneo per l’Ebnt (Ente bilaterale nazionale del turismo) –. Il mercato si sta saturando, non c’è abbastanza domanda. Chi fa una crociera di solito aspetta degli anni prima di farne un’altra. Le compagnie lo sanno e infatti hanno smesso di ordinare nuove navi.
Ecco da dove arrivano le difficoltà anche di Fincantieri: l’andamento della cantieristica anticipa di un paio d’anni quello dell’industria crocieristica”. Fincantieri è il primo costruttore al mondo di navi da crociera e principale fornitore del gruppo Carnival. Stando ai dati del 2010 la cantieristica italiana delle navi di lusso, nonostante il momento critico che sta attraversando, ha in mano il 43 per cento del mercato mondiale. Una boccata d’ossigeno potrebbe arrivare al cantiere che si aggiudicherà lo smantellamento o il recupero della Costa Concordia: l’operazione, che garantirebbe almeno un anno di lavoro, vale tra i 60 e i 100 milioni di euro (senza contare l’indotto per le fonderie e le officine che si occuperanno dei motori e dei gruppi elettrogeni). Se Costa Crociere decidesse di rimpiazzare la Concordia con una nuova nave, il valore dell’operazione salirebbe a 400 milioni (più 200 di indotto). Ma è una possibilità remota: la compagnia ha già tre navi in consegna da qui al 2014.

Impatto delle crociere sulle città portuali. Fin qui la cantieristica. Quali sono, invece, gli impatti della contrazione del settore crocieristico sul turismo italiano? Non così gravi, spiega Landi: “Le crociere pesano poco sulle strutture turistiche locali perché sono in larga misura alternative a esse. Le navi sono autosufficienti. La maggior parte dei crocieristi non dorme negli alberghi, non mangia nei ristoranti ma fa tutto a bordo”. Nei porti di passaggio, dove le navi si fermano poche ore, “dal 30 al 40 per cento dei passeggeri non scende neppure a terra”. Va meglio nei porti nei quali i viaggi iniziano o finiscono: i crocieristi spesso usano gli alberghi e i ristoranti della città qualche giorno prima e dopo la navigazione. Così, mentre a Cagliari la spesa diretta dei passeggeri crocieristi nel 2008 oscillava tra 2,4 e 2,8 milioni di euro, a Venezia è arrivata a circa 180 milioni. “Secondo le stime – precisa l’esperto – una persona che scende a terra ha un impatto sulla città tra i 50 e i 70 euro e una che dorme lì sui 200 euro. Ma bisogna anche tener conto dell’impatto zero di chi rimane sulla nave”. Civitavecchia (circa 2 milioni di passeggeri) e Venezia sono i più importanti porti d’imbarco italiani (in Europa sono secondi solo a Barcellona).

Quanto ci costano le crociere? Ma al di là di quanto rende, c’è chi si domanda se all’Italia convenga avere una grande industria crocieristica. Per poter ospitare queste enormi navi, spesso più d’una contemporaneamente, i porti hanno bisogno di banchine lunghissime. Non solo. Bisogna prevedere, ad esempio, anche degli immensi parcheggi in grado di ospitare i pullman che aspettano i passeggeri per le escursioni. Quanto costa costruire tutto ciò? “Non si sa – risponde provocatoriamente Stefano Landi –. Questi lavori stanno tutti in una zona di bilancio che non si chiama né crociere né turismo, si chiama Ministero delle infrastrutture, investimenti in infrastrutture. E li paghiamo noi. È un business in una zona grigia tra pubblico e privato: gli investimenti sono pubblici, i ricavi un po’ meno

 

da: Sky.it

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